“Building Happiness” l’architettura per la felicità
“Building Happiness. Esplorazioni sulla felicità degli spazi” è il libro della Fondazione per l’architettura / Torino, edito da FrancoAngeli, presentato in anteprima nazionale martedì 8 luglio al Circolo Esperia di Torino. In uscita nelle librerie e online da settembre, il volume prende le mosse da una domanda tanto semplice quanto rivoluzionaria: “Dove sta di casa la felicità?”.
Frutto di un percorso di ricerca lungo un anno, il volume raccoglie visioni, esperienze e contributi eterogenei – da architetti e urbanisti a filosofi, sociologi, economisti, attivisti, scrittori e cittadini – per indagare il rapporto tra spazio e benessere. Attraverso progetti, citazioni, immagini, disegni, fotografie e dialoghi narrativi, il libro propone un approccio trasversale, capace di parlare a pubblici diversi e restituire strumenti e riflessioni utili alla pratica progettuale, ma anche al vivere quotidiano.
Integrando prospettive architettoniche, neuroscientifiche, filosofiche, economiche e sociali, il volume mette in luce l’impatto diretto dello spazio costruito sull’esperienza emotiva. Non si tratta semplicemente di creare spazi gradevoli o funzionali, ma di progettare ambienti capaci di rispondere ai bisogni emotivi fondamentali delle persone, favorendone la fioritura psicologica e sociale. Building Happiness è, in questo senso, un invito a ripensare la progettazione a partire dalle emozioni che lo spazio è in grado di generare.
Otto figure relazionali per abitare lo spazio
Al centro del volume si trovano otto “figure relazionali”: metafore spaziali che aiutano a comprendere come si articola il rapporto tra l’essere umano e lo spazio. Rifugio, scala, tetto, parete, soglia, strada, piazza e giardino non indicano luoghi o forme architettoniche tout court, ma modi differenti — e complementari — di abitare il mondo. Nessuna figura esaurisce la complessità dello spazio e ogni spazio può accoglierne più d’una.
Per indagare in chiave quantitativa il legame tra spazio e benessere, la Fondazione ha promosso anche un questionario, coinvolgendo 747 persone. L’obiettivo era raccogliere percezioni e narrazioni legate ai luoghi della vita quotidiana. Dall’indagine è emerso un dato chiaro: per l’85,5% dei partecipanti, le caratteristiche dello spazio influenzano direttamente il proprio stato d’animo.
Dati che parlano di benessere
Abbiamo chiesto di rispondere alla domanda “Dove sta di casa la tua felicità”; i dati qualitativi e quantitativi raccolti si intrecciano con le otto figure relazionali, restituendo una mappa aperta e plurale degli spazi che ci fanno stare bene.
La famiglia e le relazioni sociali rappresentano il “luogo felice” per circa il 25% dei rispondenti tra i 26 e i 65 anni. A incarnare questa dimensione è la figura della piazza, simbolo di relazione e partecipazione collettiva. Segue la natura, indicata dal 21,42% del campione come spazio di benessere. Questo ambiente è trasversalmente riconosciuto da tutte le fasce generazionali e si associa spesso alla figura del tetto — che richiama protezione e senso di controllo attraverso una visione ampia sul mondo — o alla scala, metafora di introspezione e ricerca interiore. La casa continua a occupare un ruolo centrale nella costruzione della felicità, soprattutto per il suo valore affettivo e protettivo. È citata dall’11,78% dei rispondenti ed è riconducibile alla figura del rifugio che rappresenta un bisogno profondo di raccoglimento e sicurezza. I più giovani (<18 anni) tendono a privilegiare la dimensione della strada, evocata da quasi il 30% di loro. Questa figura esprime l’identità in formazione, la scoperta di sé, il movimento e la sperimentazione delle proprie passioni. Altri rispondenti fanno riferimento alla figura della soglia, spazio del cambiamento e dell’apertura all’inaspettato, o a quella del giardino, luogo della creatività e del desiderio che si traduce in progetto: metafore che restituiscono l’idea di una felicità dinamica, orientata al futuro. Una quota residuale del campione non ha indicato un luogo preciso, confermando la natura fluida e soggettiva della felicità, che resiste a ogni tentativo di classificazione univoca.
Un diritto collettivo alla felicità
Building Happiness assume la felicità non come una dimensione privata o astratta, ma come un diritto collettivo. Un principio che attraversa le costituzioni, la filosofia e le politiche pubbliche, e che oggi può essere letto anche come leva per orientare la trasformazione degli spazi.
Il volume sollecita un cambiamento di paradigma: promuovere un’architettura capace non solo di rispondere a bisogni funzionali, ma di generare emozioni positive, relazioni significative e senso di appartenenza.
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